Don Pietro, conosciuto da tutti come ‘O Solachianiello.

Al civico 30 di vico Santa Maria ad Agnone, ha lavorato per anni don Pietro, conosciuto da tutti come ‘O Solachianiello. Lo incontrai una estate di alcuni anni fa, passeggiando tra i vicoletti che si intrecciano con quello che per tutti noi è l’ex ospedale Pace, ma che ancora oggi ospita gli uffici comunali nel centro della città di Napoli.

Proprio qui, tra lo strano profumo della colla in quella che ritengo sia stata una delle botteghe più piccole che abbia mai potuto vedere a Napoli, don Pietro ha lavorato fino a pochi anni fa. Non ho mai saputo il suo vero cognome; a volte penso che non lo abbia mai davvero avuto, poiché per tutti era ‘O Solachianiello, un nome dialettale ormai poco usato ai giorni nostri, composto dai termini “suola” e “chianiella”, un antico tipo di scarpa a forma di pantofola, di cui oggi c’è solo un vago ricordo.

Quella piccola bottega era sempre affollatissima, di clienti, la velocità delle sue mani, la sua bravura erano davvero incredibili. Era capace di aggiustare ogni tipo di scarpa in pochi minuti, ed è per questo che ai giorni nostri ‘O Solachianiello si è tristemente trasformato in quello di “rapida”, perdendo un po’ di quel sano romanticismo di chi, giorno e notte, tra colla, martello e tanta fatica, era maestro delle scarpe, utilizzando strumenti semplici come colla, piccoli martelli, qualche punteruolo e un po’ di semmenzella.

Tra i clienti di don Pietro, incontravo spesso il marchese Mario Parcello, un anziano ex operaio di fabbrica di guanti, che trascorreva lì lunghe giornate. Quell’appellativo “il marchese” gli fu dato da bambino appena arrivato qui a Napoli, originario delle Marche, da cui il soprannome, ma trasferitosi a Napoli con i genitori dopo la guerra.

Fu proprio il Marchese, il giorno in cui don Pietro ci lasciò, a raccontarmi una bella storia.

Per anni, davanti a quella minuscola bottega, si fermavamo a giocare, tantissimi bambini del quartiere. Ora con una palla fatta di pezza, ora con un pezzo di legno, correvamo a piedi nudi e con qualche straccio, spesso nominando i giocatori del “grande Torino”.

Non mancava occasione che, qualche volta, quella palla di pezza entrasse nella minuscola bottega di don Pietro, proprio mentre lui era intento ad “acconciare” l’ennesima scarpa, facendo saltare in aria tutto il “bancariello”. Quando ciò accadeva, quelle povere anime scappavano via subito, in un fuggi fuggi tra i vicoletti, sfuggendo alle grida di don Pietro.

Ma la vera storia tra don Pietro e quei ragazzini non era affatto così dura. Per mesi e mesi, don Pietro amò così tanto quei piccoli ragazzi, che pian piano, scarpa dopo scarpa, mise insieme un piccolo corredo di calzature per loro. Ora prendeva un pezzo di cuoio avanzato dai nobili Russo, ora utilizzando un po’ di vecchie suole che aveva conservato per sé.

Ed è così che, pian piano, aveva pensato a ogni cosa, alla misura di ogni piedino, all’altezza di ogni singolo ragazzino che, per mesi e mesi, aveva osservato di sfuggita fuori dalla sua bottega.

Avrebbe potuto guadagnare qualche lira per sé e per la sua famiglia, ma non fu questo il suo intento. Un pomeriggio, all’ennesimo tiro sbagliato e all’ennesima palla entrata nella sua bottega, si alzò di scatto, corse fuori verso quei ragazzi, li guardò uno ad uno, e quando i ragazzi pensarono di aver ormai perso la loro unica palla, li richiamò tutti, li mise in fila e loro pronti ad ascoltare l’ennesima ramanzina, lo videro inginocchiandosi accanto, “acconciando” quelle scarpe sul loro piede, stringendo, arrotondando, cucendo seguendo ogni singola e precisa conformazione, affinché nessuno di loro, da lì in poi, fosse costretto a giocare a piedi nudi.

Qualche volta mi rimprovero di non aver potuto osservare quella scena che il “Marchese” aveva invece potuto fare sua per tutta la vita, perché quel gesto, quel modo di aiutare quei ragazzi, è una parte di noi che non dobbiamo perdere, ma tramandare.

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Storie verosimili della città di Napoli n. 85: don Pietro, conosciuto da tutti come ‘O Solachianiello.
Foto mia

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