La torre gialla e il tesoro svanito

Quasi un castello da fiaba, un monumento tra i più visti, fotografati, rappresentati, un’icona di Napoli. Ma osservando la possente mole di Castel Nuovo, quanti avranno notato che una soltanto delle sue cinque torri non è rivestita con il grigio piperno?

Si distingue per il colore solare del tufo che la avvolge, ma non è per questo che si è guadagnata il nome di Torre dell’Oro. L’appellativo, comparso già in documenti del 1451, definiva l’uso a cui era destinata e che il re aragonese Alfonso il Magnanimo rese concreto facendo sistemare al suo interno il tesoro regio.

Allestita ai piani inferiori della torre, la tesoreria custodiva stipi e forzieri colmi di preziosi di ogni genere: sacchi di monete, vasellame in oro e argento per i banchetti di corte, oggetti d’alto artigianato orafo e perfino la «regal corona».

La visita al tesoro era un privilegio esclusivo concesso solo agli ospiti illustri. Nel 1452 il riguardo fu riservato all’imperatore Federico III d’Asburgo e a sua moglie, Eleonora del Portogallo, in visita a Napoli. Re Alfonso mostrò con orgoglio agli augusti ospiti i preziosi e le opere d’arte orafa, poi fece loro dono di «molte gioie e perle di gran valore».

Ma si sa, nulla è per sempre, così il tesoro seguì le sorti della dominazione aragonese. Durante il regno di Ferrante I (1458-1494) le spese del conflitto con Giovanni d’Angiò furono sostenute grazie alla vendita o al pignoramento di molte di quelle gioie tra cui perfino la corona reale. E successivamente le cose non andarono meglio tanto che Federico I (1496-1501), ultimo sovrano della dinastia aragonese a Napoli, trovò il tesoro praticamente esaurito. Dell’oro custodito nella torre non c’era più nulla; non rimaneva altro da fare che trasformare gli ambienti della ormai ex tesoreria in appartamenti a disposizione della real Casa. Ad evocare il ricordo delle «molte gioie preziosissime» sarebbe rimasto solo il nome della gialla torre.

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